In principio fu Basilea. Era il 1988. Vent’anni dopo venne Basilea II. E presto verrà Basilea III.
Con Basilea vennero il rating (la classificazione in base al rischio finanziario di chi chiede soldi in prestito, sia esso uno Stato, una società o un privato cittadino) e lo scoring (un sistema che, in base a dati statistici ponderati, determina un punteggio sintetico che riassume il rischio di credito della controparte), la PD (Probability of Default, la probabilità che un debito possa non essere rimborsato), l’LGD (Loss Given Default, la percentuale del prestito che presumibilmente andrà persa se il debitore si rivelasse inadempiente) e l’EaD (Exposure at Default, l’esposizione del debitore al momento dell’eventuale inadempienza).
Ma soprattutto – per tanti piccoli e medi imprenditori – arrivarono i problemi nella gestione del loro rapporto con la Banca.
Per determinare questi indicatori infatti, le Banche valutano innumerevoli informazioni: il settore di appartenenza dell’azienda, le informazioni che provengono dalle banche dati (Centrale Rischi, Camera di Commercio, Tribunali, Conservatorie dei Registri Immobiliari, ecc.), i dati di bilancio (patrimonializzazione, andamento del fatturato, oneri finanziari, margini operativi, regolarità nel pagamento delle imposte, ecc.) e quelli andamentali (regolarità nell’utilizzo degli affidamenti, presenza o meno di sconfinamenti o di rate impagate o pagate in ritardo, percentuale di insoluti sui crediti anticipati, regolarità nel pervenimento dei ricavi, ecc.).
Oggi però stanno venendo alla luce i limiti di modelli matematici che guardano soprattutto ‘’a ieri’’; le Banche fanno fatica a prendere in considerazione quello che succederà in un’azienda ‘’domani’’, soprattutto se ‘’ieri’’ si sono registrati fatti che la Banca ritiene sintomi di rischio. Il problema è che ‘’ieri’’ è cominciata – ed ancora continua – una crisi che probabilmente non si vedeva dal 1929.
Per i modelli matematici delle Banche, un fatturato in riduzione è un sintomo – quanto meno – di difficoltà aziendale. Così come le stesse Banche guardano con sospetto le imprese che riducono il personale o che fanno ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni. A nostro parere, questo era valido ‘’ieri’’, quando l’economia generale era in espansione. Ma oggi, riduzione di fatturato e di personale sono diventate la ‘’normalità’’, cose alle quali i modelli di rating e di scoring delle Banche paiono non essersi allineati.
Senza contare che la riduzione di fatturato potrebbe anche essere lo specchio di una oculata gestione aziendale: non è forse meglio – in un momento di crisi – abbandonare i rivoli e tagliare i rami secchi per concentrarsi/specializzarsi sul core business? E non è meglio smettere di fornire un cliente che fa fatica a pagare il dovuto, piuttosto che continuare a vendergli merce, correndo il rischio di perdere i soldi?
Che poi, in fin dei conti, è quello che fanno le Banche: se a loro giudizio non sei più affidabile, ti chiedono il rientro. Magari anche dalla sera alla mattina….. E non sempre con trasparenza.
Un esempio? La Banca decide che il settore delle costruzioni è a rischio. Condividiamo. Però non è che puoi chiedere il rientro a tutti i costruttori! Dopo di che, sempre le Banche, stabiliscono che – siccome il settore delle costruzioni è a rischio – diventano a rischio anche i rivenditori di materiali per l’edilizia, gli elettricisti, gli idraulici, le imprese edili che operano per conto terzi, le agenzie immobiliari e così via. Tutte? Purtroppo il rating di settore non guarda in faccia a nessuno.
Poi però i banchieri dicono che sono disposti a finanziare, ma non trovano aziende a cui prestare i soldi: viste le premesse di cui sopra, il fatto non stupisce di certo, perché per i sistemi di rating costruiti come lo sono adesso, le aziende maggiormente affidabili sono quelle talmente dotate di patrimonio proprio e di liquidità propria da non aver bisogno di finanziamenti!
Detto questo, cosa fare se la Banca dovesse chiedervi ‘’di rientrare’’?
Innanzi tutto, se l’affidamento concesso sotto forma di apertura di credito, quello che viene solitamente chiamato ‘’fido’’, ha una scadenza, la Banca non può recedere prima di tale data, se non per giusta causa e non senza aver concesso un termine di almeno 15 giorni per la restituzione delle somme utilizzate e dei relativi interessi (art. 1845 cod. civ.).
Se invece, come comunemente accade, il fido è concesso “fino a revoca’’, la Banca può recedere in qualsiasi momento, applicando il preavviso stabilito dal contratto (art. 1845 cod. civ., ultimo comma), che magari è di un solo giorno.
E, secondo voi, un imprenditore già in difficoltà può restituire dall’oggi al domani l’intero ammontare dello scoperto di conto, magari di decine di migliaia di euro? Certamente no. E – credetemi – lo sanno anche le Banche. Quindi, non fatevi prendere dal panico e preparatevi a trattare (interessi di mora compresi).
E si tratta partendo dalle motivazioni che hanno spinto la Banca a chiedere il rientro. Perché se anche il fido fosse stato concesso “fino a revoca’’, ripetute sentenze, anche della Suprema Corte, hanno stabilito “l’illegittimità della revoca laddove questa abbia, nel suo concreto esplicarsi, i caratteri dell’arbitrarietà e della imprevedibilità’’.
Tali caratteri sarebbero rinvenibili quando la revoca del fido contrasti “con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai comportamenti usualmente tenuti dalla banca ed all’assoluta normalità commerciale dei rapporti in atto, abbia fatto conto di poter disporre della provvista creditizia per il tempo previsto e non potrebbe perciò pretendersi sia pronto in qualsiasi momento alla restituzione delle somme utilizzate, se non a patto di svuotare le ragioni stesse per le quali un’apertura di credito viene normalmente convenuta” (Cassazione – Sezione I civile – Sentenza. n. 9321).
Quindi, la Banca ha certamente la facoltà di recedere in qualsiasi momento dall’apertura di credito a tempo indeterminato, ma una cosa è l’esercizio del diritto, ben altro il suo abuso. E sarebbe sicuramente un abuso chiedervi il rientro perché avete litigato con il direttore! O perché siete stati protestati per un caso di omonimia o per un errore, magari della stessa Banca. O perché un creditore non vi ha pagati alla scadenza pattuita e vi chiede una proroga, ma la Banca che vi ha anticipato il credito non la vuole concedere a voi (soprattutto se non avete mai creato problemi di alcun tipo).
Ecco perché le Banche tendono a non formalizzare le richieste di rientro, ma cercano di ‘’condividere’’ con il cliente un ‘’alleggerimento progressivo’’ (come lo chiamano loro). Anche perché l’avvenuta revoca dei fidi (la ‘’messa in mora’’) apparirebbe in Centrale Rischi e provocherebbe un analogo comportamento da parte delle altre Banche, con la conseguenza di dover ‘’dividere’’ con altri le somme disponibili per il rientro.
Inoltre, ci sarebbe il rischio non indifferente che se la prima revoca dei fidi ne provocasse altre a catena da parte di altre Banche, tanto da portare al fallimento dell’azienda, il credito della Banca potrebbe andare interamente perduto e magari l’imprenditore potrebbe anche promuovere un’azione per danni, con conseguente richiesta risarcitoria, qualora la prima revoca degli affidamenti dovesse risultare ‘’arbitraria’’ secondo la definizione che ne abbiamo dato prima.
Infine due consigli: non aspettate che la Banca si accorga da sola dei vostri eventuali problemi; molto spesso è meglio parlare prima e cercare una soluzione condivisa. Non prendete impegni di rientro che non siete certi di essere in grado di rispettare; le Banche – soprattutto per certi importi – sono disponibili ad accordare rateazioni che sanno per certo che qualunque Giudice, in sede di giudizio, accorderebbe. Quindi meglio concordare 24 o 36 mesi per il rientro piuttosto che ‘’strozzarsi’’ per farlo in dodici (come probabilmente vi verrà inizialmente richiesto).
Certo, l’importante è che siate nella condizione di farlo: insomma, se ad esempio la Banca ha in garanzia dei titoli, fossero anche quelli di vostro padre, ci sarà ben poco da negoziare…
Daniele Andretta
Studio Societario Tributario – Baluardo Lamarmora 15 – Novara