Ai nastri di partenza per la campagna elettorale più singolare della storia. Fra le innumerevoli incognite una sola certezza: gli accordi trasversali pro Chiamparino
Come volevasi dimostrare il centrodestra piemontese non è stato in grado di ricompattarsi, nemmeno in extremis. E così, appunto, in assenza di miracoli prossimi venturi, il dopo Cota si preannuncia proprio secondo i desiderata nemmeno tanto segreti del già presidente con il portacenere in mano: un cumulo di macerie. Sulle quali si ergeranno gli alti profili di Pichetto (vuoi mettere… l’ultimo assessore al bilancio della giunta Cota) come candidato dell’ever green made in centrodestra, vale a dire l’alleanza Forza Italia-Lega; quello di Guido Crosetto passato dal sogno di essere l’uomo del destino alla realtà di rappresentare nell’agone elettorale i Fratelli d’Italia; quello di Enrico Costa in libera uscita dopolavoristica elettorale dagli impegni governativi per cercare di fornire un po’ di copertura mediatica agli stenti da dopo parto dell’Ncd. Dunque centrodestra al voto in fila per tre e nell’ambascia di convincere i piemontesi di voler davvero sfidare Chiamparino. Cioè il candidato unico, indiscusso ed indiscutibile del centrosinistra; il campione della casta, il rappresentante più trasversalmente disponibile dei soliti poteri forti torinesi. Il presidente che verrà, insomma, con l’unzione popolare del voto del 25 maggio. In soccorso del vincitore sono già accorsi in molti ed infatti saranno una mezza dozzina le liste in supporto dell’invincible arrmada rosa pallido stingente al grigio bianco. Si andrà da Sel ai moderati, da Scelta Civica all’Idv senza farsi mancare una robusta civica per Chiamparino. Non poteva astenersi l’Udc secondo la declinazione Vietti (giacchè il marchio con il buco attorno sembra sia rimasto in appannaggio dell’alleanza romana con Ncd) della quale in effetti forse non si sarebbe sentita la mancanza nelle urne ma certo se ne sarebbe avvertita la assenza enumerando le nomenclature affollatesi intorno al palco dell’eletto. Insomma giochi fatti per le regionali senza nemmeno bisogno di correre davvero passando dal via secondo la migliore tradizione subalpina per la quale la cavalleria di chi comanda indica la strada e poi la salmeria di chi vota si acconcerà a seguire. In effetti osservato il quadro politico con il disincanto della ricercata oggettività la situazione sarebbe più o meno questa. Sarebbe, perché un paio di variabili sotto traccia resistono ostinatamente alle sapienti tessiture degli illuminati. La prima è costituita dal voto per i Cinquestelle del candidato presidente Davide Bono. Davvero difficile pronosticare con buona attendibilità fino a dove arriverà quel consenso. Auto eliminatosi in cortese desistenza non dichiarata il centrodestra sopravvive infatti l’incognita grillina. Se Bono supererà l’asticella del 25% l’annunciata vittoria di Chiamparino potrebbe rivelarsi assai simil pirriana; cioè con la capacità di attribuirsi un numero di seggi insufficiente ad una tranquilla navigazione in consiglio regionale; per aver numeri, in sintesi, bisognerà bordeggiare nelle urne intorno ed oltre il 40%, una chimera con Bono a navigare più verso i 30% che verso il 20%. E poi c’è sempre il voto di sinistra. Certo, in molti lo danno per definitivamente esaurito, affogato fra fiscal compact, quote rosa e scalate bancarie eppure il Piemonte è (era) oggettivamente una roccaforte di quel tipo di proposta elettorale. Ora se il cartello di sinistra che sta cercando di rassemblarsi riuscisse nell’impresa di raccogliere le firme e presentarsi agli elettori ecco che una quota di erosione al plebiscito pro Chiamparino inevitabilmente si materializzerebbe. Conseguenza? Numeri di maggioranza ancora più incerti e ballerini. Con il risultato annunciato di un paradosso particolarmente clamoroso. Quello stesso centrodestra che si è autoescluso dalla possibilità di concorrere con un minimo di serietà, si troverebbe a vincere nel medesimo giorno della sua più cocente e scontata sconfitta. Dove infatti, se non fra le fila degli eletti pichettiani Chiamparino potrebbe andare a trattare a buon prezzo il noleggio dei voti che le urne gli consegnassero in difetto? E così, con le larghe intese alla torinese, vincerebbero tutti: poteri forti, casta, troppo furbi, troppo scarsi… Staremo a vedere; in fondo tutto si riduce ad un concetto elettorale abbastanza semplice: bisogna saper perdere, perchè tanto chi vince davvero lo hanno già deciso altri.
Limonov