E’ stato condannato a morte Ahmadreza Djalali, il medico iraniano arrestato a Teheran l’anno scorso con l’accusa di essere una spia.
Il ricercatore, 46 anni, aveva lavorato al Centro di ricerca sulla medicina dei disastri di Novara e collaborava con l’Università del Piemonte Orientale: in Iran è stato ritenuto una spia, tanto che il tribunale di Teheran lo ha condannato alla pena capitale. Sono state tante le mobilitazioni a livello internazionale in sua difesa, a partire dai colleghi dell’Università di Novara che avevano cercato in tutti i modi di farlo tornare a casa, anche affiancati da Amnesty. La senatrice Elena Ferrara era stata tra le prime a mobilitarsi a favore del ricercatore, ma finora a nulla sono servite le iniziative e le voci che lo volevano libero.
Djalali è stato arrestato lo scorso anno, nell’aprile 2016: si trovava a Teheran per un convegno medico, quando sono scattate le manette. All’inizio dell’anno, si era trasferito con la sua famiglia, la moglie e due figli di 6 e 15 anni, in Svezia. A Novara aveva vissuto per oltre due anni.
“La notizia della condanna di Ahmad è stata comunicata ieri dalla moglie e confermata ufficialmente dalla Farnesina: la motivazione della sentenza capitale parla di “contatti con Israele” – dichiara la senatrice Ferrara – E’ certamente un duro colpo per tutti coloro che si sono mobilitati in questi mesi, ma non intendiamo arrenderci. Con i colleghi senatori Luigi Manconi ed Elena Cattaneo presenteremo in giornata un’interrogazione urgente al Ministro degli esteri Alfano e rilanceremo le iniziative, unitamente alla rete dei ricercatori colleghi di Ahmad e a tutti coloro che in questi mesi hanno portato il loro contributo, con il sostegno concreto della Svezia che ha già preannunciato un suo deciso intervento”.