Pablo Gonzalez, Novara, calcio, compleanno, 36 anni, allenatore, carriera, smettere, appendere gli scarpini.
Auguri al simbolo del Novara calcio dell’era moderna che compie 36 anni. Dopo una stagione ai margini, non pensa sia venuto il momento di lasciare il calcio giocato. Potrebbe andare via, lasciando però sempre aperta la porta al suo ritorno in azzurro.
Il 28 maggio 1985 a Tandil, città argentina grande come Novara, nasceva Pablo Andrés González. Oggi proprio all’ombra della Cupola gaudenziana, quel bimbo divenuto uomo, compie 36 anni. Sembrava scritto nel destino, che da giovane calciatore passato da Racing Club, Locarno e Grupo Univesitario, finisse per tatuarsi sulla pelle una “camiseta” azzurra, dopo aver un po’ girovagato per l’Italia.
Feliz cumpleaños, tanti auguri Pablo, come stai festeggiando?
In casa, qui a Novara, la mia città, con i miei figli e mia moglie Veronica.
36 anni, un traguardo importante, che può essere letto da diversi punti di vista: sicuramente giovane uomo; ma più calciatore maturo o allenatore sulla rampa di lancio?
Sto bene, ho ancora stimoli. A volte mi sento più giovane, a volte un po’ più vecchio, ma comunque con la testa ancora sul campo. Adesso ho voglia di una vacanza, poi ripartirò con l’idea di fare un altro anno.
Che bilancio trai dalla tua personale stagione?
Non del tutto buono, ma contava di più il risultato del gruppo. Abbiamo alternato momenti no a cose buone, ma io personalmente sono sempre stato fiducioso, anche quando le cose andavano peggio, perchè avevamo una squadra più forte di tante altre, quindi ho sempre creduto nella salvezza. Peccato per i play.off, almeno una partita ce la meritavamo.
Guardandoti da fuori, pur giocando poco, sei sembrato comunque sempre propositivo, disponibile, pronto a dare il tuo contributo. Corrisponde a come ti sei realmente sentito?
Si, certo, anche quando si gioca di meno bisogna mettersi a disposizione. Lo abbiamo fatto tutti, anche se chi ha giocato meno forse meritava di più. Ma tutti quanti abbiamo messo davanti l’obiettivo più importante, soprattutto noi con maggiore esperienza, perchè un giovane a meno pazienza e più voglia di mettersi in mostra.
Con quale aggettivo definiresti il tuo rapporto con mister Banchieri?
Professionale. All’inizio c’era sicuramente di più, poi lui ha fatto le sue scelte, com’era giusto che fosse, e si è trasformato nel classico rapporto allenatore-giocatore.
Proprio nessun rimpianto?
Qualche partita sicuramente non è stata al livello che speravo, anche se mi è mancata la continuità, che alla mia età è importante. Ma sono convinto e spero di potermi rifare, anche se ovviamente so di non poter giocare 90 minuti tutte le partite.
Hai visto la serie ”Speravo de morì prima”, quanto ti senti nei panni di Totti?
Non mi piacciono le serie tv, ma ho visto il film, molto bello. So a cosa ti riferisci però, e penso che uno debba giocare fino a quando ne ha voglia e sta bene, fino a quando regge il ritmo e non sente la fatica. Tutti sappiamo che prima o poi quel giorno arriverà, quando anche io mi renderò conto che sarà il momento di cambiare, mi farò trovare pronto. Li saprò che il bambino che ho dentro e quel sogno che porto con me sul campo da tanti anni, finirà. Quello sarà il momento di fare altro.
Fare altro cosa vuol dire, come immagini il tuo futuro?
Cercherò comunque di respirare campo e spogliatoio, anche se con un altro ruolo.
Pablo Gonzalez è l’uomo che meglio rappresenta l’epopea più positiva dell’era De Salvo, El Cartero è probabilmente l’uomo più importante del Novara calcio dell’era moderna. Come stai vivendo questo momento così complicato della società?
Come tutti i tifosi del Novara calcio: in attesa, perchè anche noi non possiamo fare nulla, dobbiamo solo aspettare, come tutti coloro che vogliono bene alla maglia azzurra. Semplicemente aspettiamo, ma non sono preoccupato.
Ma se chi resta o chi arriverà ti dirà che non rientri più nei piani della squadra che farai?
Non ho mai chiesto di giocare, chiedo solo rispetto, quello si. Le scelte tecniche le accetterò serenamente, come ho sempre fatto. Se la società mi dirà che non c’è posto, andrò a giocare da un’altra parte.
Speriamo di no, ma se fosse, terrai comunque la porta aperta all’azzurro?
Sicuramente si, c’è e ci sarà sempre un posto nel mio cuore per questi colori.