La questione della vicenda imprenditoriale delle Officine Grafiche De Agostini, ad oggi mestamente chiuse, si incardina in un’altra questione che ha a che vedere con il futuro urbanistico della città di Novara. Il sito industriale infatti, di proprietà della famiglia Boroli anni fa fu oggetto di una variante urbanistica che lo trasformava, valorizzandolo, da industriale a terziario, commerciale e residenziale. In “cambio” l’amministrazione comunale chiedeva l’impegno al mantenimento nella città dei posti di lavoro. Oggi che l’azienda ha chiuso il tema, oggetto questa mattina di una commissione consigliare convocata apposta, è: cosa accadrà di quelle aree? Una domanda non banale visto che i “valori” in gioco sono notevoli ed il rischio, da più parti paventato, di una speculazione è nei fatti.
La variante esiste – come è stato confermato oggi – ma di fatto non si può utilizzare. Almeno finchè la proprietà non presenterà il Piano attuativo relativo alla variante di Prg.
Lo strumento urbanistico stabilisce una prescrizione speciale che prevede la rilocalizzazione nel territorio dell’azienda, a fronte dell’attuazione della variante stessa. A quel punto, ma solo a quel punto, il Comune ed i proprietari dovrebbero sottoscrivere una convenzione che preveda appunto che quel Piano sarà realizzabile soltanto con una rilocalizzazione dell’attività, con tempi e modi dettati puntualmente. Con l’ulteriore vincolo che in attesa dell’avvio del procedimento di rilocalizzazione sia mantenuta l’attività produttiva. Malauguratamente, ad oggi, quell’attività produttiva di cui si faceva cenno nella prescrizione, già non esiste più.
Insomma, la questione si sposta al momento in cui si chiederà l’attuazione “ma non è detto che ciò avvenga – ha spiegato l’assessore all’Urbanistica Marco Bozzola – Ci sono previsioni urbanistiche che carichiamo sul Piano regolatore da 20 senza che nulla venga poi realizzato“.
Le ipotesi che si presentano all’orizzonte sono molteplici. Intanto, si è ancora in attesa della disponibilità della famiglia Boroli ad un incontro, che è stato richiesto dal Sindco. A quel punto si dovranno chiarire diversi aspetti: primo fra tutti le intenzioni della proprietà. Escudendo a priori la ripresa dell’attività, si potrebbe ipotizzare l’esigenza di attuare la famosa variante; allora occorrerebbe stendere una convenzione fra i proponenti e l’amministrazione comunale, anche se pare difficile prevedere la rilocalizzazione di un’attività praticamente chiusa. Altra ipotesi è che l’area rimanga come è oggi e che non vengano avanzate altre proposte. Ma questo potrebbe significare molti anni di attesa, con il rischio che l’incuria ed il degrado prendano il sopravvento. Nel caso in cui venissero invece fissati dei vincoli urbanistici di natura pubblica, questi hanno una durata di cinque anni al termine dei quali o si reiterano o si rimuovono. Caso estremo è che il pubblico espropri l’area, metta dei soldi e l’acquisti. “Questo sarà il tema dei prossimi anni – ha aggiunto Bozzola – è chiaro che ci si dovrà occupare del Piano regolatore, rivederne i parametri e i vincoli e decidere cosa fare su aree di questo genere“.
Quel che è emerso chiaramente oggi, però, è che sulla questione l’amministrazione comunale non sappia che pesci pigliare…
Nessuna speranza nemmeno dal parere legale che l’avvocatura civica ha fornito ai consiglieri comunali:
“Siffatta prescrizione subordina l’attuazione del Piano alla previsione nella convenzione di un programma che definisca tempi e modi di rilocalizzazione nel territorio degli stabilimenti Dea Printing – Officine Grafiche di corso della Vittoria. Nondimeno non risultano disciplinati gli effetti conseguenti alla mancata realizzazione della suddetta condizione, di talché si configura una difficoltà interpretativa della disposizione che rende opportuno un intervento chiarificatore da parte dell’amministrazione. In particolare, in evasione al quesito specifico su quali azioni l’Ente possa intraprendere, si ritiene che il medesimo, dato atto del mancato rispetto della prescrizione stabilita e, conseguentemente dell’oggettiva difficoltà di dare attuazione allo strumento urbanistico, possa intervenire fornendo un’interpretazione autentica alla disposizione in esame. Successivamente, al fine di dare una nuova disciplina all’area di che trattasi, l’amministrazione dovrebbe effettuare un’istruttoria fondata su una ponderazione tra gli interessi pubblici e privati, secondo criteri di coerenza delle scelte pianificatorie con la funzione propria della programmazione urbanistica“.
In poche parole, visto che la materia urbanistica è caratterizzata da un alto grado di discrezionalità, tocca all’amministrazione pubblica valutare il da farsi.
Se invece l’amministrazione volesse procedere ad una variante (da attuare con motivazioni di interesse pubblico) “si ritiene – continua la relazione dell’avvocatura civica – che la decisione dell’azienda di chiudere gli stabilimenti e di dismettere l’attività produttiva non sia motivazione che possa legittimare ‘ex se’ la scelta dell’amministrazione di modificare la destinazione urbanistica dell’area“.
Rimangono dunque poche speranze, sia dal punto di vista urbanistico che giuridico, per rivendicare un diritto, quello al mantenimento dell’attività occupazionale di 140 persone. C’è chi chiede un gesto di coraggio: “Bisogna distinguere il requisito soggettivo (chi è il proprietario) da quello oggettivo (l’area in questione) – spiega il consigliere Daniele Andretta – Il beneficio è stato concesso oggettivamente all’area; se i presupposti non ci sono più il consiglio comunale come lo ha concesso glielo può levare“.
Ecco: potrebbe essere questa l’unica carta da giocare. Rimuovere il beneficio o concederlo nel caso in cui la proprietà si occupi del risvolto professionale di questi 140 dipendenti delle Officine Grafiche.
Ma per fare questo ci vorrebbe coraggio, tanto coraggio!