Che Caravaggio non fosse un’anima tranquilla è risaputo… Meno lo è il fatto che avesse una certa ironia nei confronti dei suoi detrattori.
Tutta la vicenda relativa al processo dell’agosto 1603 che vide l’artista Giovanni Baglione (in mostra anch’egli al Broletto in questi giorni) denunciare Caravaggio e la sua cerchia per diffamazione, nasce dalla sfida tra i due pittori, presso il marchese Giustiniani, a proposito di una tela raffigurante il tema virgiliano dell’Amor vincit omnia.
Baglione vincerà la “gara”e riceverà in dono la bramata collana in palio, ma Caravaggio sarà il vero vincitore in quanto la sua tela, anche se meno accademica e pudica, viene da quel momento conservata nello stanzino privato del marchese e mostrata solo ai visitatori più eccellenti come esempio di grande arte. La diatriba tra i due artisti tuttavia non si chiude e Caravaggio si diverte, sostenuto da amici, a prendere in giro pubblicamente l’avversario: nell’agosto del 1603 il pittore Giovanni Baglione querela Caravaggio, Orazio Gentileschi e Onorio Longhi per i versi offensivi a suo danno che circolano da mesi nella città. Nelle carte del processo sono conservati i documenti sequestrati, la querela, le testimonianze, gli interrogatori di Gentileschi e Caravaggio. Durante una deposizione davanti al giudice, Caravaggio spiega chi sia un valente pittore (si tratta di una delle rare volte in cui l’artista si esprime sull’arte):
Quella parola, valent’huomo, appresso di me vuol dire che sappi far bene, cioè sappi far bene dell’arte sua, così un pittore valent’huomo, che sappi depinger bene et imitar bene le cose naturali
E altrettanto incisivo è il giudizio di Caravaggio sui buoni e sui cattivi pittori:
Li valent’huomini sono quelli che si intendono della pittura et giudicaranno buoni pittori quelli che ho giudicato io buoni et cattivi; ma quelli che sono cattivi pittori et ignoranti giudicaranno per buoni pittori gl’ignoranti come sono loro.
Delli pictori che ho nominati per buoni pittori Gioseffe, il Zuccaro, il Pomarancio, et Annibale Caraccio, et gl’altri non li tengo per valent’huomini. M’è ben scordato de dirvi che Antonio Tempesta ancora quello è valent’huomo
Fra le carte del processo sono agli atti anche due poesie offensive contro Giovanni Baglione, pittore non molto amato da Caravaggio. La prima poesia è molto spinta e sicuramente poco cortese:
Gioan Bagaglia tu non sai un ah/ le tue pitture sono pituresse/ volo vedere con esse che non guadagnarai mai una patacca /che di cotanto panno da farti un paro di bragesse /che ad ognun mostrarai quel che fa la cacca /porta là adunque i tuoi desegni e cartoni che tu ai fatto/ a Andrea pizicarolo veramente forbetene il culo alla moglie di Mao turegli la potta che […] con quel suo cazzon da mulo più non la fotte /perdonami dipintore se io non ti adulo che della collana che tu porti indegno sei et della pittura vituperio.
Segue la seconda poesia che è altrettanto sarcastica e caustica:
Gian Coglion senza dubio dir si puole quel che biasimar si mette altrui che può cento anni esser mastro di lui. Nella pittura intendo la mia prole poi che pittor si vol chiamar colui che non può star per macinar con lui. I color non ha mastro nel numero si sfaciatamente nominar si vole si sa pur il proverbio che si dice che chi lodar si vole si maledice. Io non son uso lavarmi la bocca né meno di inalzar quel che non merta come fa l’idol suo che è cosa certa. Se io mettermi volesse a ragionar delle scaure fatte da questui non bastarian interi un mese o dui. Vieni un po’ qua tu ch’e vò’ biasimare l’altrui pitture et sai pur che le tue si stano in casa tua a’ chiodi ancora vergognandoti tu mostrarle fuora. Infatti i’ vo’ l’impresa abandonare che sento che mi abonda tal materia massime s’intrassi ne la catena d’oro che al collo indegnamente porta che credo certo meglio se io non erro a piè gle ne staria una di ferro. Di tutto quel che ha detto con passione per certo gli è perché credo beuto avesse certo come è suo doùto altrimente ei saria un becco fotuto.
Insomma visti i “toni” delle due poesie, Baglione non aveva certo torto a querelare Caravaggio e amici, ma quel che si evince dal suo percorso artistico è che anche lui, pur disprezzando i modi del Caravaggio, ne sarà influenzato tanto da comparire nel novero dei Caravaggeschi. Quale grande smacco!