“Quell’uomo non fa per te” e i genitori le impediscono di uscire. Padre e madre “all’antica” a processo per maltrattamenti alla figlia trentenne
Genitori “all’antica” a processo; l’accusa? Maltrattamenti alla figlia trentenne. “Lei voleva uscire di casa, farsi una vita, frequentare il fidanzato – ha detto una teste alla prima udienza del processo che si celebra in tribunale a Novara – ma loro non volevano e non la facevano uscire”. In aula, difesi dall’avvocato Alessandro Brustia, il padre, settantenne, e la madre, sessantenne, residenti in un paese del novarese, chiamati dalla Procura a rispondere dell’accusa di maltrattamenti alla figlia, all’epoca dei fatti già laureata e più che trentenne; forse un po’ apprensivi, forse un po’ all’antica, i due mal digerivano la relazione che la figlia aveva con un uomo molto più vecchio di lei. Secondo quanto hanno raccontato in aula i primi testimoni chiamati dall’accusa, in quella casa spesso andavano in scena liti e discussioni, e in più di un’occasione erano intervenuti i carabinieri. “Qualche volta ho assistito a discussioni – ha detto un loro vicino di casa – Si spintonavano, li avevo visti in giardino. Io da casa mia sentivo la figlia che piangeva. Lo avevo detto più volte al padre di smettere di maltrattarla; in un’occasione abbiamo visto che lei correva in giardino e lui, il padre, la tratteneva”. “Una volta ho chiamato anch’io i carabinieri – ha detto un’altra vicina di casa – Lei voleva farsi la sua strada ma loro non volevano. Era lei che mi raccontava quello che succedeva, veniva fino al mio cancello e mi parlava”. Poi una sera d’aprile di cinque anni fa la decisione di lasciare la casa dei genitori e andare a convivere con il fidanzato (poi diventato marito) e anche in quel caso si era rivolta alla vicina per aiutarla a trasportare gli scatoloni con dentro i suoi vestiti e i suoi libri. Poi la denuncia. Nel frattempo i rapporti tra la donna, ormai quarantenne, e gli anziani genitori si sono appianati ma il processo prosegue. Si torna in aula a novembre per sentire altri testi dell’accusa.