Chissà se le parole dell’amico dell’uomo che si è tolto la vita, sparandosi, sembra, con la pistola di proprietà del padre, davanti all’Ipercoop di San Martino, corrispondono alla realtà e dunque se nelle ragioni del suicidio di oggi vi sia davvero una delusione d’amore, come ci ha confidato.
Oppure se vi sono stati altri motivi.
L’immediatezza del fatto e la riservatezza che di solito circonda questi episodi – che abbiamo rispettato per quanto possibile, non pubblicando il nome della vittima – non ci consentono ulteriori approfondimenti.
Però non si può non considerare come proprio la scelta del luogo, quello che comunemente viene definito un “non luogo”, ovvero uno spazio generalmente spersonalizzato e spersonalizzante come un centro commerciale, abbia per contro reso questo gesto ancora più eclatante.
Perché un uomo adulto si toglie la vita, di sabato pomeriggio, scegliendo proprio il piazzale di un iper, frequentatissimo da parsone intente a far la spesa?
“Ci sono due tipologie di suicidio – spiega lo psicologo Claudio Volpe, che premette di non conoscere i fatti ma parla della sua esperienza professionale – una che porta il soggetto ad annullarsi, a cancellarsi, a nascondersi… Quali che siano le sue motivazioni in questi casi non vengono lasciati messaggi, biglietti o altro… Il fine della vittima è quello di annientarsi e dunque il suo comportamento è conseguente”.
“Nella seconda tipologia invece – dice Volpe – il suicidio viene utilizzato proprio per mandare messaggi: un segnale estremo, fino all’ultimo, di attenzione. In genere si tratta di suicidi che hanno motivazioni relazionali, che portano a compiere gesti eclatanti e dunque alla morte. Ovviamente alla base di tutto deve esserci una forte depressione che non permette di percepire la realtà per come è, ma semmai la deforma, fino ad arrivare alle scelte ed alle conseguenze estreme. Casi di questo tipo sono molto più frequenti di quanto non si creda, purtroppo”.
Qui in un primo momento si era addirittura parlato di una sparatoria ma i carabinieri, giunti sul posto per le verifiche del caso, hanno subito appurato che non si trattava di questo.
“Mi aveva chiamato prima – ci ha detto l’amico che non si da pace – è anche un collega di lavoro… Ma io non credevo… Non pensavo ad una cosa simile…”. E se ne va, visibilmente sconvolto…