E’ passato quasi un anno dalle proteste dignitose ma molto dolorose dei dipendenti delle Officine Grafiche. 143 persone, dipendenti della De Agostini, abbandonate a se stesse. Due anni di cassintegrazione (scadono nel marzo 2017) e poi ciascuno per la sua strada. Quale strada, non si sa…
Tanti gli impegni, tante le parole spese a favore dell’occupazione e della centralità del lavoro, tante le istituzioni, a tutti i livelli, che si sono dette pronte ad impegnarsi per loro. “Ma alla fine nessuno ha fatto nulla”. Il grido d’allarme arriva in un momento in cui queste persone hanno perso la speranza, dopo mesi di lotta vana, di aiuti promessi e poi mancati, di retorica gonfiata alla quale non ha corrisposto alcun atto concreto.
Nessun dito puntato, da parte loro, ma soltanto la consapevolezza del fatto che la città, dopo il clamore iniziale, ha quasi archiviato la questione, dimenticandosene tristemente.
“Se inizialmente avevamo la speranza che l’attività, almeno in parte, potesse riprendere, oggi non ci crediamo più. Non crediamo più a niente, perfettamente coscienti di come stiano andando le cose: innanzitutto, la maggior parte di noi sono persone che superano l’età in cui qualcuno si spende ancora per darti un lavoro. Molti di noi hanno più di cinquant’anni…. inutile spiegare che a fronte di un curriculum con una tale età anagrafica, l’eventuale datore di lavoro accartoccia e cestina direttamente”. E poi c’è un altro tipo di problema che frena la possibilità di ricollocarsi: “Le competenze che abbiamo acquisito in questi numerosi anni di attività alle Officine Grafiche sono limitate alle macchine sulle quali abbiamo lavorato e che oggi non sono così spendibili sul mercato del lavoro”.
Un limite al quale, secondo gli accordi iniziali, si sarebbe potuto ovviare attraverso corsi specifici di formazione e riqualificazione, concordati inizialmente con la Provincia, dopo un’attenta analisi del mercato del lavoro: “Ma li stiamo aspettando ancora oggi… Nessuno ci ha più detto nulla”.Delle 143 persone in cassa, soltanto poco più di una decina hanno trovato lavoro: “Giovani con contratto a tempo determinato, ma sono davvero pochi quelli che si sono sistemati. Manutentori e amministrativi, ruoli che si possono spendere anche in altre aziende dove vengono ricercate tali competenze. La cassintegrazione è una gabbia dorata: ci si ripara dietro di essa, ma l’anno prossimo finirà. E allora saranno guai seri”.Sono padri di famiglia, mariti, magari con un mutuo a carico o un affitto e una famiglia da mantenere: “Ci siamo impegnati a rispettare tutti gli accordi che ci avevano proposto, perdendo anche tanti soldi: i cambiamenti di orario, la sospensione della 14esima, i turni di lavoro, gli spostamenti. Ma abbiamo sempre piegato la testa, confidando che l’azienda potesse riprendere la normale attività. Purtroppo, non è andata così”.La rabbia cresce “quando in televisione si vedono i lanci di nuove collane, e non poche, segno che il lavoro non manca e non mancava e che questa situaizone poteva essere evitata”.Non serve molto, non serve il miracolo di San Gaudenzio. Loro chiedono alla città di non dimenticare, alle istituzioni di intervenire nel limite delle loro forze: non sono in pochi, cercano solo un’altra possibilità. E una presa di posizione forte da parte di chi potrebbe restituire loro quella speranza buttata al vento con un colpo di spugna da chi non si è fatto scrupolo di cancellare una fetta importante della storia imprenditoriale ed economica di Novara, per questo conosciuta in tutta il mondo.