Ghisolfi:”400 miliardi per rilanciare il nostro Paese dopo il Coronavirus”
«Per evitare l’effetto domino dei fallimenti l’Europa dovrà concedere al nostro Paese tutto quello che chiederà e l’Italia dove chiedere davvero molto». Questo il pensiero di Giuseppe Ghisolfi, vicepresidente dell’Istituto Europeo delle Casse di Risparmio, intervistato lo scorso 17 marzo.
Un banchiere con i piedi per terra e con il cuore attento ai cittadini e ai loro bisogni, questo è Giuseppe Ghisolfi che, dopo una carriera come presidente della Cassa di Risparmio di Fossano (e per una parentesi della Fondazione), nonché vicepresidente dell’ Abi e dell’Acri, oggi è vicepresidente e tesoriere del Gruppo Europeo delle Casse di Risparmio che raccoglie 1000 istituti di credito e componente del consiglio di amministrazione dell’Istituto che raggruppa le Casse di Risparmio di tutto il Mondo. Insomma uno che se si parla di economia e finanza sa di cosa si sta parlando.
«Serve un piano da diverse centinaia di miliardi per affrontare il dopo crisi Coronavirus, una sorta di piano Marshall che preveda massima flessibilità e soprattutto che l’Europa conceda all’Italia tutto quello che chiede e il nostro Paese dovrà chiedere molto». Esordisce così Ghisolfi, con aria schietta di chi conosce le problematiche economiche e finanziarie del paese.
«Si deve mettere da parte il patto di stabilità perché in questo momento viene prima di tutto la salute e poi la capacità di salvaguardare il sistema economico in tutti i modi. Serviranno nuovi regolamenti europei, che sappiano affrontare questo momento storico che segnerà la nostra vita, anche economica, per un lungo periodo. L’Europa dovrà avere il coraggio di affrontare misure straordinarie, mai viste in precedenza, rivedere tutte le regole – diciamo che non siamo in un tempo di normalità e non lo saremo per un bel periodo».
Ma quanto dovrà essere grande questo aiuto?
«Anzitutto parliamo di tempistiche e questi aiuti devono essere decisi e partire già nei prossimi giorni e con urgenza perché il rischio è quello del domino nei fallimenti, una catena che potrebbe portare alla distruzione del sistema produttivo e finanziario. Mi spiego meglio: se l’intervento non è immediato e straordinario vedremo chiudere le aziende, le imprese e questa ricaduta sarà sulle banche e se saltano le banche è davvero finita per tutti. Cifre? Beh solo per i nostro Paese saranno necessari almeno 400 miliardi (in totale tra acquisti di titoli e liquidità alle banche – ndr) e questo intervento deve essere di livello europeo, non si può pensare che un Paese riesca da solo».
Compresa la cifra necessaria per evitare il fallimento a catena, quale strada si deve prendere?
«Anzitutto aiuti concreti e non mancette, non solo tagli o rinvii della fiscalità ci devono essere finanziamenti diretti all’imprese e senza il minimo interesse, tanto ti do e tanto mi ridai, senza speculazioni che in questo periodo le giudicherei un vero atto deplorevole, scandaloso. C’è bisogno di liquidità immediata per le attività e la produzione. Penso a piccole realtà come bar, negozi, ristoranti che ora sono chiusi, senza aiuti rimarranno chiusi e c’è urgenza perché se rimangono chiusi il personale sarà licenziato e avremo nuovi disoccupati e soprattutto la fine di un Paese».
E ora passiamo al chi. Chi deve fare questa operazione e in fretta?
«Ovviamente l’Europa tramite la Banca Centrale che davvero non può pensare di starne fuori, la Banca Centrale deve agire immediatamente e se non lo fa vuol dire che è una realtà inadeguata. La BCE deve far arrivare il denaro necessario alle Banche e queste farlo avere a chi ne fa richiesta senza troppi fronzoli. Ovviamente sarà necessario un grande controllo sulle Banche e sui loro manager affinché non utilizzino la liquidità per altri scopi e giochini finanziari».
Cosa stiamo imparando da questo periodo difficile?
«Che il tormentone “uno vale uno” è una balla colossale, che ci vogliono competenze alte come stanno dimostrando oggi nel settore sanitario, ma questo dovrà accadere anche nel settore economico sino ad oggi troppe nomine sono state politiche e non per competenza e i risultati li vediamo spesso. Servono persone competenti in ogni settore e non il primo nominato dai social perché la “maggioranza” non è competenza».
Come sarà, secondo lei, il dopo Coronavirus?
«Se saremo saggi avremo imparato molte cose da questo periodo, sono certo che cambieranno molte cose e spero in positivo con la riscoperta di valori che abbiamo dimenticato dopo aver sin troppo esagerato con i social… sappiamo e stiamo imparando in questo periodo di difficoltà e di “domiciliari” forzati che è bello vedere le persone, fare due chiacchiere, scambiarsi opinioni guardandosi in faccia; così come spero di non vedere più in giro gente con la testa china sul telefonino, ma che a testa alta si guarda attorno curiosa e sorridente verso gli altri… l’uomo è un animale sociale e non social».
Intervista realizzata lo scorso 17 marzo 2020