Se da un lato la sedicente “corazzata” del sindaco Ballarè punta ad una riproposizione in blocco dell’attuale schema di governo della città (sebbene minato da tassi di impopolarità importanti e nonostante un’opposizione interna più gridata che sostanziale, per svariati motivi), dall’altro lato, che sarebbe riduttivo chiamare centrodestra – tante e tali sono le anime che lo compongono – i “movimenti all’orizzonte” sembrano decisamente più interessanti.
Infatti se, coerentemente con la propria storia, Lega e Forza Italia rivendicano una sorta di primazia nella scelta del candidato che la prossima primavera dovrà misurarsi con il renzista nostrano (ed il M5S resta sullo sfondo), l’evidenza, marcata anche dagli ultimi risultati del test elettorale del 31 maggio scorso, impone una riflessione più ampia.
La disaffezione alle urne ma, ancor più, la scarsa fiducia dell’elettorato “nei partiti” tradizionali sono elementi con i quali anche a Novara ed ancor più nell’ottica amministrativa, occorrerà fare i conti e ben sembrano esserne consapevoli ormai tutti i protagonisti della scena politica locale.
La rappresentazione plastica di questo stato di cose peraltro è anche nei fatti, ovvero nell’attuale composizione del consiglio comunale a palazzo Cabrino che, al di là delle vicende dei singoli protagonisti, sembra ritagliare un ruolo certamente non marginale ad una componente che ha da tempo rotto l’argine dell’appartenenza partitica e che si richiama, ma sempre più blandamente, ai valori del centrodestra che fu.
In una situazione così complessa, che registra anche le fughe in avanti di chi cerca a tutti i costi di guadagnare visibilità, ma in difetto di rappresentanza concreta, le “prove di dialogo” imbastite in questi giorni in particolare da Forza Italia non possono che rappresentare un buon punto di partenza in luogo delle chiusure del recente passato, foriere solo di conflittualità improduttiva.
Insomma la parola “primarie” comincia a far breccia, insieme alla consapevolezza che sia necessario un maggiore coinvolgimento dell’elettorato, anche per scongiurare i disastri di cui è stato protagonista in particolare il centrodestra nel recente passato e che l’hanno portato a perdere la guida rispettivamente della Regione, della Provincia e del Comune di Novara.
Come questa esigenza verrà declinata nel concreto è ancora tutto da capire e molto dipenderà dagli accordi che verranno chiusi nei prossimi mesi in chiave nazionale, ovvero dagli equilibri e dalla eventuale collaborazione fra Lega e quel che resterà di Forza Italia – dopo le ancora ipotizzate scissioni interne – che potrebbe anche portare la prima al confronto diretto nelle città metropolitane, in luogo di una minore incisività nella scelta dei candidati sui territori.
Ma tanto dipendenderà anche dalla volontà e dalle capacità inclusive ed organizzative di quel vasto orizzonte “civico” e trasversale -riduttivo appunto chiamarlo “centrodestra” – che è nei fatti, soprattutto a Novara.
Un orizzonte che è ormai orfano di bandiere, ma che potrebbe riempirsi di contenuti e di prospettive inaspettate qualora fosse in grado di costituirsi quale soggetto terzo ed autonomo, concentrato esclusivamente sui temi locali, scevro da personalismi, ma capace di ricercare la migliore alternativa possibile per la guida della città.
Un soggetto capace di assumere il civismo quale valore assoluto, da contrapporre alla sedicente corazzata di Ballarè, non più relegandololo al ruolo marginale del passato ma semmai valorizzandolo in un’ottica di rinnovamento.
Ovviamente alle elezioni manca tempo e dunque se tutto questo diverrà realtà nei fatti è presto per dirlo: certo che, se così fosse, ancora una volta Novara potrebbe proporsi come un laboratorio politico interessante capace di rappresentare con determinazione quello spirito innovatore di cui già in passato è stata protagonista.