Senza lavoro a 45 anni, con un figlio disabile ed un marito disoccupato… Una storia comune direte! Certo, di questi tempi, purtroppo.
Ma quando queste “storie comuni” escono dalla logica dei numeri e delle statistiche e diventano persone in carne ed ossa, con le loro ansie e preoccupazioni, con gli sguardi che rivelano i timori per un futuro incerto, allora le cose cambiano. Le storie comuni diventano storie speciali, storie vere.
Come quella di Giuseppa Bonfiglio. Quarantacinque anni, appunto, di cui dieci ad occuparsi degli scaffali dell’Ipercop “Mi sono distrutta la schiena e le mani con quel lavoro di carico e scarico – dice – ma andava bene così. Mio marito è da anni disoccupato, qualche lavoretto saltuario ma nulla di più. Mio figlio è disabile ed anche questo è continua fonte di pensieri, preoccupazioni e necessità. Ora questa tegola del licenziamento non ci voleva proprio”.
Già perché dal 12 ottobre anche quel lavoro con un contratto da 24 ore settimanali per una cooperativa che presta servizi al centro commerciale non ci sarà più “Ci lasciano a casa in quattro – dice Giuseppa – dicono che non serviamo più perché il nostro lavoro verrà effettuato da interni. Devono contenere i costi… Ma in effetti ci sono ancora diversi interinali che lavorano ed i loro contratti vengono rinnovati di volta in volta. Ad una collega mancano cinque anni alla pensione ma lei e la figlia verranno lasciate a casa. Così come l’amica di 50 anni… Ma non si rendono conto che così non ci lasciano alcuna speranza? Non abbiamo alternative e tutti i colloqui fatti con l’azienda in questi mesi non hanno avuto alcun risultato. Ma i dieci anni passato lì dentro, con spirito sempre collaborativo, rispondendo positivamente ad ogni richiesta di cambio d’orario, di necessità… Insomma non hanno alcun valore?”.
Giuseppa ha bussato a molte porte per cercare di trovare una soluzione. Compresa quella del Sindaco Ballarè e dell’assessore alle politiche sociali Impaloni, anche perché la famiglia occupa un alloggio popolare e dunque ai timori sul fronte lavorativo si aggiungono quelli per la casa. “Il primo mi ha risposto che non è un ufficio di collocamento… Nemmeno lo pensavo in effetti, la seconda mi ha segnalato un’assistente sociale… Eppure il Comune collabora con questo centro commerciale a molte iniziative. Possibile non ci sia il modo di far almeno presente il nostro dramma?”.
“Non voglio corsie preferenziali o attenzioni particolari – dice Giuseppa Bonfiglio – Ma un po’ di considerazione, questa sì… Nella mia condizione di madre di un ragazzo disabile dovrei essere tutelata, perlomeno ascoltata… Invece niente. Tutto questo è così sconfortante…”.
“Ma io non mollo… Busserò ad ogni porta. Mio figlio lo merita”.
Eccome…