Tra pandemia e crisi di Governo. Quali le prospettive delle aziende per uscire dalla crisi?
Le riflessioni del commercialista novarese dott.Daniele Andretta, sul difficile momento delle piccole e medie imprese.
Poche settimane fa l’inizio della campagna vaccinale sembrava poterci consentire di vedere la fine del tunnel della crisi pandemica, oggi ci si domanda se il 2021 sarà davvero l’anno della ripresa.
Gli esperti economici ormai non vedono più il forte rimbalzo atteso nel primo trimestre, anzi paventano un rischio ulteriore: che la crescita torni negativa. Più serene le previsioni circa gli andamentali nel secondo trimestre 2021.
In questo scenario, però, continua a prevalere la prudenza, dopo le note, e a volte sconcertanti, fasi alterne tra lockdown più o meno totali associati a possibili segnali di ripartenza.
Nello specifico gli osservatori mantengono in comune una certezza: il forte impatto sull’economia della seconda ondata di coronavirus, il ritorno dei lockdown di gennaio e la rigidità dell’inverno peseranno negativamente sui primi tre mesi del 2021 a causa dei ritardi delle vaccinazioni e del rischio potenziale di un ulteriore ritorno dell’ondata pandemica. Elementi che di conseguenza metterebbero a rischio la fase di crescita prevista nel secondo trimestre 2021.
D’altronde, le gravi misure introdotte dai governi in questa fase dovrebbero servire proprio a prevenire il rischio di una nuova ondata pandemica che rallenterebbe la campagna vaccinale e comprometterebbe la ripresa. E’ forte quindi la speranza che nel secondo trimestre i vaccini inizino a fare effetto e che questo tunnel di cui adesso intravediamo la luce si dimostri, nel punto in cui ci troviamo oggi, relativamente corto.
Le stime di Bloomberg per il primo e secondo trimestre 2021 sull’andamento dell’economia di Eurozona e Italia nella prima metà del prossimo anno prevedono il Pil dell’area euro nel primo trimestre crescere dell’1% congiunturale a fronte di un -2,2% nel quarto trimestre di quest’anno e solo di un +1,6% nel secondo trimestre del 2021. L’Italia invece dovrebbe raggiungere una crescita congiunturale dell’1% nel primo trimestre 2021, a fronte di un -1,7% nel quarto trimestre 2020 e soltanto di un +1,5% nel secondo trimestre 2021. Questo naturalmente attraversando senza intoppi la campagna dei vaccini.
Le prospettive delle imprese e del mercato Italia però dovranno fare i conti con l’insufficienza delle misure 2020 varate per i soggetti in crisi o in stato di insolvenza.
Le misure adottate con i decreti legge cd. “cura Italia”, “liquidità”, “rilancio”, “semplificazioni” e “agosto” sono prevalentemente destinate alle imprese che non erano in difficoltà al 31/12/2019 o che lo sono divenute per effetto della pandemia da COVID-19.
Oggi, le molteplici ma anche confuse misure varate dal governo nei decreti legge, hanno una prerogativa in comune: nessuna norma interviene sulla legge fallimentare e sul codice della crisi per affrontare con la necessaria efficacia il salvataggio delle imprese e dei relativi posti di lavoro. Unica eccezione l’art. 9 del decreto legge “liquidità” che ha fissato soltanto un maggior termine di sei mesi.
Anche l’attuale crisi di Governo, infine, non aiuta affinchè tempestivamente, “un” Legislatore si occupi d’intervenire con precisione e metodo nel mondo d’impresa e quindi in quelle attività che, per effetto della pandemia da COVID-19, saranno costrette a chiudere e licenziare il personale dipendente con gravi rischi di tensione sociale.
Gli strumenti giuridici ci sarebbero, senza nemmeno inventare grandi cose: da una speciale procedura concorsuale di carattere conservativo, alla tutela dei valori aziendali e dei posti di lavoro, ad una indistinta moratoria biennale per permettere alle imprese di programmare con efficacia una nuova e necessaria fase di ristrutturazione e di rilancio.
Nell’attesa, le aziende, come già successo fin dall’inizio di questa crisi economica e pandemica, per la maggior parte di quanto occorresse, dovranno ancora fare praticamente da sole. Lasciate sole, insieme ai loro consulenti, ad individuare il miglior modo di resistere contro la crisi, la lenta burocrazia e le macchinose regole introdotte. Niente di più rischioso, purtroppo. La nostra società dovrebbe finalmente comprendere che le imprese italiane sono un nostro vero patrimonio, non soltanto economico, e che rappresentano l’ossatura stessa della nostra economia nazionale. Saranno il punto d’origine del rilancio al termine di questa crisi, quando ci arriveremo. Meno imprese ci saranno quel giorno e più difficile sarà ripartire e creare nuovi posti di lavoro. Davvero imperdonabile, o diabolico, sarebbe perseverare nell’errore di fare poco o nulla per preservarle.
Daniele Andretta, Commercialista in Novara
STUDIO SOCIETARIO-TRIBUTARIO ANDRETTA